Cosa si intende per mediatizzazione politica

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Cosa si intende per mediatizzazione politica?

Per mediatizzazione politica si intendono tutte quelle logiche mediatiche che possono trovarsi in conflitto con le dinamiche proprie dell’agire della politica, ma che hanno finito per condizionare la scena e il retroscena della vita pubblica. [1]

Il grande potere dei media: hanno la capacità di incidere sulle decisioni in ambito politico, influenzando e formando l’opinione pubblica.

«Quando la televisione ha scoperto che la politica può fare audience, e i politici hanno capito di poter raggiungere il vasto pubblico adattandosi alle logiche dello spettacolo, è nata la politica pop: un «ambiente mediale» scaturito dal collasso di generi televisivi e costumi sociali invecchiati, in cui politica e cultura popolare, informazione e intrattenimento, comico e serio, reale e surreale si fondono in una nuova miscela espressiva.»[2]

Prima dell’800

Chiaramente, prima dell’Ottocento, i media non erano presenti e non si poteva ancora parlare di mediatizzazione politica in senso stretto, ma solo di comunicazione politica, fondamentale già dall’antica Grecia: si pensi ad Aristotele che compose il libro sull’arte della retorica[3] la quale, da sempre, possiede una dimensione teatrale e spettacolare con lo scopo di persuadere e coinvolgere uno o più destinatari.

Dalla seconda metà dell’Ottocento in poi, però, i media iniziano piano piano ad entrare nel sistema delle comunicazioni di massa e si inizia a percepire fin da subito il cambiamento rilevante che avrà sulla società, sull’opinione pubblica e, soprattutto, sulla percezione del singolo individuo.

Dalla radio alla televisione: Nixon vs Kennedy

Dal dopoguerra agli anni cinquanta la radio diventa il primo mezzo di comunicazione indispensabile (insieme al giornale) per fare propaganda[4] politica in modo semplice, conciso e mirato.

Se dietro ad una comunicazione via radio non c’erano molte strategie da tenere a bada, con la televisione tutto ciò diventa più complicato soprattutto se non si è preparati a gestire le nuove dinamiche comunicative.

Un esempio eclatante fu il primo dibattito politico della storia in diretta televisiva: quello fra John Fitzgerald Kennedy e Richard Nixon.

Nixon e Kennedy

JFK, senatore democratico e Nixon, repubblicano, allora vicepresidente degli Stati Uniti d’America.

Questo dibattito, mandato in onda il 26 settembre 1960 sulla CBS di Chicago, divenne importante non tanto perché fu il primo della storia, bensì perché cambiò le dinamiche della comunicazione politica negli anni a seguire a causa dell’impatto rilevante che ebbe sulla percezione di circa settantamila telespettatori.

Cosa fece Kennedy?

Kennedy si preparò durante tutta la giornata ripassando il discorso, mise un completo nero in modo da risaltare sullo schermo grigio della tv e, come scrisse Theodore H. White[5], era «calmo, tanto da sembrare privo di nervi. Teso, invece, appariva il vicepresidente: di tanto in tanto rianimandosi in maniera febbrile, in altri momenti sembrando come roso da una malattia».

E nixon?

Durante il dibattito, inoltre, Nixon commise l’errore di cercare in tutti i modi di abbattere il suo rivale senza però rivolgersi direttamente al pubblico abbracciando le problematiche del Paese, a differenza di Kennedy che si mise dalla parte degli spettatori ed entrò nelle loro case come se fosse uno di loro, un loro amico, un loro famigliare.

il candidato oggi

Il candidato, dunque, prende coscienza della propria fisicità, della propria personalità, perdendo un po’ quell’aura di sacralità che lo rendeva una persona distante da noi: si può parlare in un certo senso di “desacralizzazione”[6] della figura del politico.

E se il dibattito fosse avvenuto esclusivamente via radio? Avrebbe vinto lo stesso Kennedy? La risposta è no, non avrebbe vinto.

La performance di Kennedy, infatti, influenzò moltissimo il pubblico televisivo che lo vide padrone di sé, ma non quello radiofonico che preferì il suo avversario.

A dimostrazione della differenza cruciale tra i due media considerati: la TV premia l’immagine, la comunicazione non verbale e le caratteristiche personali; la radio premia il linguaggio verbale e riporta al centro i contenuti.

Se da una parte questo tipo di comunicazione sembra molto mirata e diretta, in realtà, è tutto mediato (in questo caso dalla televisione) e progettato nel minimo dettaglio, con anche un’organizzazione più scientifica delle campagne elettorali.

Dalla televisione al web 2.0: Facebook vs Twitter

Dagli anni novanta ad oggi la politica è per lo più mediatica e non si rifà solo ad un medium in particolare, ma anche a più media contemporaneamente: giornali, radio, televisione e internet con tutte le sue sfaccettature.

Si inizia a parlare così di una “comunicazione centrifuga” in cui c’è un’abbondanza di canali e messaggi che obbligano i politici a parlare ad un target ben specifico in modo da adottare una strategia di comunicazione ancora più efficace entrando quindi nell’ottica della mediatizzazione politica.

oggi

Oggi è difficile, quindi, per la politica sottrarsi da queste logiche mediatiche. Al contrario, i partiti e i loro leader, con il passare degli anni hanno imparato, studiando ed analizzando, a gestire al meglio tutte le strategie comunicative che mutano costantemente.

Tutto ciò perché con il tempo hanno capito il grande potere che hanno questi mezzi: non solo riescono a raggiungere milioni di persone in un millesimo di secondo, ma soprattutto perché con i media si riesce a plasmare la realtà e ad influenzare l’opinione pubblica su alcune tematiche rilevanti in determinato periodo: i cosiddetti temi “caldi”.

L’importanza dei media

Oggi nessun politico può avere successo se non attraverso i media, se non si adatta a ciò che ormai è diventato quotidiano, se non riesce a “bucare lo schermo”, se non ha la capacità di ‹‹ottenere o di mantenere un successo mediatico mediante una narrazione sintonica con quella del popolo››.[7]

Gli attori politici devono adattarsi alle logiche e alla naturalezza del linguaggio televisivo e dei Social Network[8], adottando i codici e le convenzioni tipiche di questi mezzi.

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Come possiamo notare dall’immagine, sono molte le piattaforme social attive in Italia, ma politicamente parlando, quelle che hanno riscontrato maggior successo sono Facebook e Twitter.

All’apparenza sembrano identiche, su entrambe si possono inserire post, immagini, video, ecc.., in realtà, però, presentano delle differenze peculiari[9]:

  • Facebook si basa sullo storytelling, sui contenuti, su una cerchia di amici/seguaci, mentre Twitter su storie brevi (tweet), link ed hashtag per la ricerca immediata di informazioni tematizzate.
  • Un tweet, rispetto ad un post su Facebook, ha una durata molto più breve. Di solito il coinvolgimento avviene nella prima ora dalla sua pubblicazione ed è per questo che si possono pubblicare più tweet al giorno senza preoccuparsi troppo che qualcuno smetta di seguirci. Su Facebook, pubblicare più di due post al giorno potrebbe essere dannoso.
  • L’utilizzo degli hashtag[10] è fondamentale per Twitter, mentre lo è molto meno per Facebook che non utilizza questo strumento per indicizzare al meglio i post rilevanti per un determinato argomento.
  • Relazioni interpersonali quasi del tutto inesistenti su Twitter: non per forza per re-twittare un post o entrare in contatto con una persona dobbiamo conoscerla, ma l’importante è avere un interesse comune, delle tematiche condivise.

Dibattiti politici

Qualche decennio fa un cittadino elettore rimaneva concentrato a seguire un dibattito politico, una notizia, anche per diverse ore. Ad oggi l’attenzione è diminuita notevolmente.

È importante, dunque, per i politici (e non solo) saper captare nel minor tempo possibile l’interesse del pubblico e ciò, sempre più spesso, avviene tramite i cosiddetti Sound Bites[11]: frasi brevi, veri e propri slogan mirati a produrre un effetto immediato andando dritti alla “pancia” del singolo individuo.

Nel web 2.0 Twitter è il luogo perfetto: ad esempio, Matteo Salvini pubblica, in media, 13 Tweet[12] al giorno e un bel 15% parla di immigrazione. Evidentemente questo perché il Leader della Lega, o meglio, il suo Team, ha individuato il potere di Twitter rispetto a Facebook.

Twitter, infatti, si è consacrato come il social network degli opinion leader. È lì che è più facile influenzare l’agenda degli altri media (TV, giornali, radio). Facebook, invece, sembra essere più utile in termini di orizzontalizzazione e personalizzazione: dirette, foto e video tra la gente, selfie, ecc. hanno su Facebook maggiore impatto.

Se vuoi approfondire questa tematica, l’articolo “Marketing Politico: la strategia di Matteo Salvini” è perfetto per te!

Note

[1] G. Mazzoleni, La comunicazione politicaIl Mulino, 2012, p. 54.

[2] G. Mazzoleni, A. Sfardini, Politica pop – Da “Porta a Porta” a “L’isola dei famosi”, Il Mulino, 2009.

[3] Aristotele tratta dell’arte della retorica nella sua opera “Retorica” strutturata in tre libri. Il primo libro si rivolge alla figura dell’oratore, il secondo al pubblico mentre il terzo affronta il discorso vero e proprio.

[4] “azione che tende a influire sull’opinione pubblica, orientando verso determinati comportamenti collettivi” – Treccani.

[5] Theodore Harold White era un giornalista e storico politico americano, noto per le sue notizie dalla Cina durante la seconda guerra mondiale e per i resoconti delle elezioni presidenziali del 1960, 1964, 1968, 1972 e 1980.

[6] C. Biancalana – Nixon vs Kennedy: il primo dibattito televisivo e la sua eredità, http://fondazionefeltrinelli.it/viaromagnosi-nixon-vs-kennedy-il-primo-dibattito-televisivo-e-la-sua-eredita/, 2016.

[7] L. Di Gregorio, Demopatia. Sintomi, diagnosi e terapie del malessere democraticoRubbettino, 2019, p. 204.

[8] “Con l’espressione social network si identifica un servizio informatico on line che permette la realizzazione di reti sociali virtuali. Si tratta di siti internet o tecnologie che consentono agli utenti di condividere contenuti testuali, immagini, video e audio e di interagire tra loro.” (Fonte: Enciclopedia Treccani).

[9] “Facebook e Twitter sono differenti: 5 errori che non devi commettere” – https://www.spidwit.com/blog/facebook-e-twitter-sono-differenti-5-errori-che-non-devi-commettere/.

[10] “Il simbolo del cancelletto (#) associato a una o più parole chiave per facilitare le ricerche tematiche in un blog o in un social network.”

[11] Dei piccoli frammenti; battute ad effetto;

[12] E. Acconci – R. Politi, Salvini, Di Maio o Renzi: chi parla più di immigrazione su Twitter?, https://www.infodata.ilsole24ore.com/2019/03/31/salvini-maio-renzi-parla-piu-immigrazione-twitter-2/, 2019.

 

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