Recensione: “Il cacciatore di aquiloni” di Khaled Hosseini

Titolo: Il cacciatore di aquiloni
Autore: Khaled Hosseini
Pagine: 362
Prezzo: Cartaceo € 10,12
E-book € 6,99

Sinossi:
Si dice che il tempo guarisca ogni ferita. Ma, per Amir, il passato è una bestia dai lunghi artigli, pronta a riacciuffarlo quando meno se lo aspetta. Sono trascorsi molti anni dal giorno in cui la vita del suo amico Hassan è cambiata per sempre in un vicolo di Kabul. Quel giorno, Amir ha commesso una colpa terribile. Così, quando una telefonata inattesa lo raggiunge nella sua casa di San Francisco, capisce di non avere scelta: deve tornare a casa, per trovare il figlio di Hassan e saldare i conti con i propri errori mai espiati. Ma ad attenderlo, a Kabul, non ci sono solo i fantasmi della sua coscienza. C’è una scoperta sconvolgente, in un mondo violento e sinistro dove le donne sono invisibili, la bellezza è fuorilegge e gli aquiloni non volano più.

Recensione:
Un libro di cui si è tanto parlato e che continua a far parlare è sicuramente “Il cacciatore di aquiloni”. Sono contenta che per una volta le case editrici italiane non si sono eccessivamente impegnate in elaborate traduzioni e hanno giustamente lasciato la traduzione letterale di “The kite runner”. Primo romanzo straordinario di Khaled Hosseini, uscito nel 2004, da cui fu tratto anche il film della Dreamworks del 2007. Una storia controversa, ma toccante, basata sull’amicizia che lega i due protagonisti del libro, Amir e Hassan. Due vite che la società afghana, devastata dall’odio tra etnie, divide, ma che lo spirito unisce o almeno è ciò che sente Hassan. Per questo motivo, quando in quel maledetto vicolo di Kabul nel 1975 il suo amico Amir resta immobile, Hassan non gli dà nessuna colpa. Ma Amir non sa che tutta la sua vita sarà scandita da questo suo errore imperdonabile e scoprirà che saldare i conti con la propria coscienza è un’affare da non poco conto. Nel 2001, affrontando un viaggio di redenzione nella terra natia, Amir intraprenderà la via verso il perdono e la guarigione. La storia dell’Afghanistan, le barbarie seguite dalla fine della monarchia, passando per l’invasione russa e i regimi dei Talebani, cosi come l’uso continuo di termini afgani seguiti da traduzione, nomi di persone e località (spesso storpiate) e lo stile fluido e scorrevole,  coinvolgono il lettore fin dalla prima pagina per poi seguire un’andamento più piatto verso metà libro, ma si rifà decisamente verso la fine, anche se, per certi versi, sembra voler catturare l’attenzione del lettore con parole pittoresche. La visione di un bambino, poi di un ragazzo, poi di un marito e infine di un padre accompagna questo racconto alla ricerca della redenzione, passo dopo passo, cosi come afferma l’autore stesso: “perchè la primavera scioglie la neve fiocco dopo fiocco e forse io ero stato testimone dello sciogliesi del primo fiocco.”
 

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